cammino trascinando stanco il "bellessere", senza cazzi per
addomesticar la lettura altrui di virgole che lascian respirar pensieri
senza prendersi le pause dovute tra momenti indissolubilmente catartici e
apogei d'ire di sincero viver. metto un punto giusto per riformular
pensieri, dell'ieri che ci rende pittori oggi, senza gallerie d'arte per
riconoscer vanti, pentimenti e arti. e mi nutro della stima, che, come
tributo, fascinosamente, stima che ricevo, e m'adombro nei silenzi della
primavera in cui caotiche grida provan, inconsce, a rovinar le chiavi
di volta, ritrovate di quest'esistere, perché me lo confermi che "ho
ucciso paranoia".
trovo godimento, nel dare senza
tornaconto e mi firmo, antidoto e tormento, degli stessi mali, dello
sputtanarsi per troppi cc d'alcool, girovagando nella catarsi dei
momenti, quando primavera è un tempo, dato, che riconosci in un volto,
che assapori in un pianto. e ho sviato il tempo del perder tempo,
dietro, chi tempo, tempo perder mi reca, senza assoluzione di sosta per
chi mostra, reputa, un decadimento di rapporti, di te che solo
mostrarti, per l'appunto assecondi, senza nemmeno sapere, cosa
significa, provar gioia, per un sorriso regalato, in un prato, in una
seconda corsia, salutare quanto salvica via, e blablabla, forse un poco a
ritroso, circumnavigando, quanto più oso esser astioso, più per gioco,
esercizio di stile, incurabile male, dei "quattro umori" teoria della
bile. e non v'è pena per chi decide d'esser, niente più, niente meno,
dello stesso disincanto che ci rende simili, folli, mai domi, quanto
caparbi pittori. e bevi meno che sei più simpatico, meno accidioso,
ugualmente stra-ordinario...
Mister Gigiuz
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