Sono in corridoio che mi specchio coi miei jeans nuovi provando ad immaginare io che cammino per strada. Mi staranno bene?
Poi mi volto, richiamato da un passato.
L'atrio
di casa vostra è ribassato, l'acqua che resta nei sottovasi produce
ancora quell'odore che non riesco, con una penna, a far ricordare.
Ci sono ancora i cactus. Si, sono gli stessi.
Ricordo
le guerre coi soldatini, quella giungla/palude era un fortino
inespugnabile, gli altri eserciti, tra le piastrelle ed i cuscini
decidevano le sorti loro e dei miei pomeriggi.
Gli italiani erano
in quella palude, farli arrampicare oltre quel giardino significava
esporli al fuoco nemico di alleati e meno.
Li lasciavo trascorrere le ore in quell'atrio a distanza di Dio.
Mangiavo
biscotti mentre guardavo Grisù ed al mio ritorno le cose non eran mai
come le avevo lasciate, un fantasma, il gatto, una brezza d'aria dalla
porta che dava sul retro e qualcosa di scombussolato c'era sempre.
Mi
ricordo, i tedeschi erano grigi e mi facevano schifo, ero stato educato
a quell'idea lì da voi che li avevate vissuti, con quel cavallo bianco
di generale che si prendeva le provviste; mi ricordo "educato e tedesco"
ve lo raccontavate nel vostro passeggiare indietro nel tempo.
C'erano
australiani e giapponesi, con i secondi non avevo mai troppa fantasia,
li usavo per affondare le portaerei, nient'altro; gli australiani non
avevo ancora le basi culturali per collocarli all'interno di una
contesa. Erano i primi che mandavo a morire, come fanti di scambio nella
lenta corsa verso sera. I russi invece erano buoni a giorni alterni,
numerosi di numero e coriacei per quanto sagome di plastica possano
risultare. I francesi mi stavano sul cazzo, va bè giocare ed essere
bambini ma gli omini blu avevano zero credibilità e suscitavano lo
stesso pari d'interesse. I grigi italiani se ne stavano, come detto, ben
nascosti tra cactus ed azalee, i petali dei gerani o le stelle di
natale davan vita alle stagioni ed a scenari esotici.
In tutto
questo ambaradan di colori placavo la necessità di fantasia, rapportando
in scala di piastrelle, un mondo che mi diventava sempre più piccolo o
più grande.
Già da allora capivo che oltre la guerra di vincitori e vinti, la vittoria è di chi rimane.
Poi
ho capito che non mi son state regalate armi giocattolo, le uniche
guerre me le raccontaste voi, io inscenavo solo ciò che mi veniva
raccontato.
Un bacio, vostro nipote Luigi.
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